venerdì 27 aprile 2012

Vacanze romane 2- i pesci di Roma



Il baccalà, il carciofo e il fiore di zucca di Giggetto al Portico di Ottavia

Il pesce di Roma non è certamente solo baccalà. Per più di cinque secoli il Portico di Ottavia, “porta” del Ghetto ha accolto il mercato del pesce della Città Eterna. Sbarcato nottetempo alla Renella dal lato di Trastevere, il pesce veniva posto all’asta a partire dall’alba per fissarne il prezzo per la giornata. I banconi erano costituiti da resti marmorei dei circostanti monumenti romani, che i proprietari “affittavano” ai pescivendoli, costituiti in Universitas con propri statuti e regole d’ingresso. La chiesa di San Michele Arcangelo, o Sant’Angelo dei Pesciaroli, che si affacciava sul mercato, ospita tuttora la cappella della Corporazione.
Portico d'Ottavia. Un acquerello di Samuel Prout (1783-1852) 
Una targa marmorea ammoniva che: “la testa dei nobili storioni, e di altri pesci, dovesse andare in regalo ai Conservatori di Roma, quando gli esemplari eccedevano la lunghezza di 5 palmi e un’oncia, ovverossia metri 1,13. Lo proclama tuttora, senza aver più forza di legge, una bella lapide capitolina del XVII secolo, apposta lungo la scala del Palazzo dei Conservatori, che non ha dimenticato di tramandare ai posteri, in bassorilievo, anche la vivace immagine del pesce-storione, ormai scomparso per sempre”*. Un’altra lapide, ben più tragicamente recente ricorda, pochi metri più in là, che dallo stesso luogo partirono senza più tornare gli Ebrei romani rastrellati il 16 ottobre del ’43.

Il Teatro di Pompeo fu fatto edificare da Gneo Pompeo Magno dal 61 al 55 a.C. aggirando il divieto di costruire luoghi di spettacolo in muratura con il semplice espediente di camuffarne la cavea come imponente scala di accesso a un tempio dedicato a Venere Vincitrice posto alla sua sommità. Due millenni dopo il camuffamento è perfetto: il Teatro esiste ora solo incorporato nella compagine urbana della Roma rinascimentale e moderna, nelle fondamenta dei palazzi, nelle cantine, nelle curve pittoresche di alcune strade alle spalle di Campo dei Fiori nelle botteghe ricavate dalle sue sostruzioni.
Una di queste ospita il “Ristorante Grotte del Teatro di Pompeo – Lino Marchi, *aria condizionata* Lunedi riposo settimanale” in Via del Biscione 73-74. La muratura all’interno è quella di laterizi romani con cui è stata tirata su la città classica, qualche accenno di arco, nicchie nei muri non si sa quanto recenti. Uno dei due “signor Pompeo” che officiano in sala si fa solerte sulla porta per accogliere i clienti. E’ in grado di ricordarsi le tue comande a un anno di distanza, e di accomodarti al tuo tavolo preferito, se ancora libero: memoria portentosa o fine psicologia, comunque grande mestiere. Oppure è la Signora a venirti incontro, contabile prestata alla ristorazione, grande efficienza e cortesia. Oggi il benvenuto è: “ Signora! Oggi ho delle orate che sono vive!” e, una volta seduti:”le orate le facciamo al forno con due pomodoretti e un po’ di vino bianco, o co’ le patate?”, ma in alternativa:” Fegato di agnello coi carciofi?”. Nonostante tanto entusiasmo, il GE e la CS prenderanno abbacchio al forno con cicoria tirata in padella, tanto per tenersi leggeri in vista della serata internazionale che li attende.



Fegato di agnello ai carciofi
200 gr di fegato di agnello
1 cucchiaio di farina
1 noce di burro
2 carciofi
1 bicchiere di vino bianco
sale e pepe


Rosolare i carciofi a fettine in un tegame quindi metterli da parte. Infarinare il fegato e rosolarlo nel burro e olio. Unire il tutto e sfumare con il vino bianco. Decorare. Servire caldo

Cicoria ripassata
1 kg. di cicoria piccola
1 spicchio d'aglio
1 peperoncino
Sale grosso q.b.
Olio d'oliva


Lavare bene la cicoria. Mettere al fuoco una pentola grande riempita di acqua fino a metà con prese di sale grosso. Quando l’ acqua bolle, mettere in pentola tutta la cicoria e farla cuocere per una decina di minuti. Mettere sul fornello una padella con l'olio, lo spicchio d'aglio tagliato a metà e il peperoncino. Rosolare a fuoco moderato e aggiungere la cicoria scolata. Tirarla in padella per un due o tre di minuti sempre mescolando con un cucchiaio di legno. Servire caldo.

Orata al forno con i pomodorini
Si può considerare un’orata media a commensale, o una più grossetta per due. Pulire e lavare l’orata dentro e fuori. Profumare l’interno con aglio, alloro, poco pepe e sale grosso. In una casseruola adagiare 10 o 15 pomodorini Pachino tagliati a mezzo, o anche fette di pomodoro San Marzano. Dare un buon giro d’olio e sistemare il pesce sopra i pomodori. Irrorare con mezzo bicchiere di vino bianco e mettere in forno caldo per 25/35 minuti. Se necessario, a metà cottura, spruzzare con altro vino bianco.

Orata al forno con le patate

Le proporzioni sono le stesse della ricetta dell’orata con i pomodorini. Preparare un foglio di carta oleata. Sbucciare ed affettare 2 o 3 belle patate a fette di 3-5 millimetri di spessore. Pulire e lavare l’orata, salare e pepare l’interno, inserirvi uno spicchio d’aglio e un rametto di rosmarino. Su una placca da forno stendere la carta oleata, disporre al centro la metà delle fette di patata, adagiarvi il pesche e irrorare di olio d’oliva. Coprire con il resto delle patate, ungere ancora con poco olio e chiudere ermeticamente a pacchetto la carta avvolgendo completamente l’orata. Passare in forno caldo per 30 minuti circa. Sevire il pesce con le patate come contorno.




*L. Jannattoni – Roma Sparita negli acquerelli di Ettore Roesler Franz, Roma 1981

giovedì 5 aprile 2012

I Taccuini del Gastronomo Educato


Il Gastronomo Educato è in viaggio. Nei prossimi giorni cominceremo a pubblicare estratti dei suoi taccuini: ventidue preziosi librettini con appunti di viaggi, cucine e varie umanità, dal bacino del Mediterraneo al Nord America attraversando un quarto di secolo. Cominciando dai più recenti.

 
 
Cominciamo con: Vacanze romane
 
 
Roma, 13 Novembre 2011, pressi di Piazza del Gesù ore 10:45
Famigliola in gita: Papà Mammà tre figliuoli tra gli otto e i quattordici anni. L’aria fraschetta e la passeggiata cominciano a far sentire i propri effetti sugli appetiti giovanili. Ammonisce il Pater familias:
“ Oggi ce conviene spizzichiamo! Ce famo du filetti de baccalà fritto”             
Leggero, nutriente e pure economico.
Il piatto è uno di quelli fondamentali della cucina ebraica romana, servito regolarmente nelle sedi storiche della cucina chiamata “giudaica-romanesca” con i “ carciofi alla giudia, lo stracotto di manzo, la “concia” di zucchine, gli aliciotti con l’indivia, i “pezzetti” fritti), le “paste povere” (pasta e ceci, pasta e patate, ecc.) e le frittate”. http://www.romaebraica.it/tag/cucina-ebraica/
Molto probabilmente la famigliola di piazza del Gesù aveva altro in mente: una cartocciata del prelibato alimento, fritto espesso dal friggitore o anche da una trattoria che consente l’asporto dei piatti cucinati (ce ne sono!) seguito dal consumo, ancora caldo al cospetto di qualche vestigia della Città Eterna. E da bere, Coca Cola: un mix esplosivo!

Ingredienti per 4 persone:
·        1 kg. di baccalà ammollato
·        200 gr, di farina
·        olio vergine d’oliva
·        10 gr. di lievito di birra
·        1 limone, sale
Il baccalà va filettato, cioè tagliato in filetti larghi due dita e lunghi 8-10 cm e poi dissalato in acqua corrente per almeno due giorni; oppure va comprato già bagnato e tagliato; molta cura va posta nel fare la pastella e nel friggere. Prima di tutto occorre preparare la pastella, setacciando la farina e mescolandola piano piano in una terrina con acqua tiepida, in cui sia stato sciolto il lievito di birra e il sale. Se il tutto è troppo consistente, aggiungete ancora un po’ di acqua tiepida. L’impasto deve essere come panna liquida densa; appena completato coprite la terrina con un panno e fate riposare il tutto per almeno due ore senza esporlo al freddo. Al termine delle due ore prendete i filetti di baccalà e ripassateli nella pastella; subito dopo immergeteli piano in una padella contenente olio ben caldo. Non appena si saranno dorati, estraeteli dall’olio, sgocciolateli e metteteli in un piatto da portata, mettendo accanto ai filetti i limoni tagliati a spicchi. Serviteli ben caldi.

 * per chi si fosse dimenticato: Il baccalà è merluzzo conservato sotto sale e in seguito essiccato naturalmente o artificialmente. Il baccalà si differenzia dallo stoccafisso che invece richiede solo un lungo periodo di essiccamento senza aggiunta di sale. Il baccalà è un alimento ricco di proteine ad elevato valore nutrizionale, ma con poche calorie. ( ibidem)